La professione infermieristica è lavoro usurante. Intervento del Nursing Up

La professione infermieristica è lavoro usurante. Intervento del Nursing Up

Il Nursing Up chiede di vedere riconosciuto il vero “lavoro usurante” su base oggettiva, anziché in modo empirico ed approssimativo.

Vorremmo fosse riconosciuto l’enorme peso/aggravio professionale che ogni giorno sono chiamati migliaia di professionisti.

Si definisce lavoro usurante quando viene richiesto un forte e continuo impegno fisico e/o psichico condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee".

Il lavoro usurante, dà diritto al pensionamento anticipato.

Come si fa a non riconoscere una professione usurante quando è ufficialmente prima nelle statistiche nazionali e internazionali per casi di infortunio e malattia? 

Una categoria quella degli infermieri considerata dalle evidenze internazionali la prima in rischio suicidio e burnout.

Un anomalia tutta italiana.

La rendicontazione del rapporto infermiere/paziente nazionale si trova in fondo alla classifica Europea.

Il blocco del turn over nella sanità pubblica è stato devastante, un vero colpo di grazia! L’età media del personale infermieristico è piuttosto elevata, vale a dire pari a 48,2 anni ed uno su quattro ha più di 55 anni. Età in cui molte categorie di lavoratori vengono assegnati a servizi o contesti più adeguati alle condizioni fisiche.

L’’opinione pubblica deve sapere che la nostra è la professione più difficile e pericolosa del mondo ma anche quella che tiene un paese in salute. Evidenze internazionali dicono che più infermieri significa meno antibiotico resistenza, meno morti, meno infezioni e di conseguenza meno spesa sanitaria.

Sapete nei decenni passati quanti infermieri nel silenzio dei media hanno avuto strascichi da tubercolosi, HIV, epatite C, molti deceduti per il Sarcoma di Kaposi, tanti si sono ammalati perché esposti a radiazioni, inalando negli anni antibiotici o farmaci che andavano diluiti in modo particolare? Troppi, i numeri non si verranno mai a sapere.

L’Italia è agli ultimi posti in Europa per dotazione di infermieri e professionisti sanitari, in genere ed età media più avanzata.

In Polonia le professioni sanitarie sono considerate “occupazioni ad elevato rischio di danni permanenti alla salute o che richiedono particolare idoneità fisica e responsabilità per la vita umana”. In Polonia gli infermieri possono andare in pensione a 55/60 per donne/uomini. Sono avanti i nostri cugini polacchi e non di poco.

In Inghilterra gli infermieri possono andare in pensione a 50/55, seppur penalizzati economicamente, ma ricordiamoci che in Italia, si resta penalizzati se si cerca uno sconto di pensione di tre anni, rispetto ai 67 anni di età… il Governo Inglese, cosciente di questo problema e dell’età media dell’eredi di Florence Nightingale, sta studiano forme accattivanti al fine d’influenzare la scelta delle infermiere a rimanere in servizio.

Un esempio è nello studio delle ragioni del disagio, ragione per cui gli infermieri gradiscono una pensione, economicamente penalizzante, a 55 anni, piuttosto che rimanere in servizio.

Le infermiere anziane, oltre i 55 anni, sono apprezzate dai datori di lavoro per le loro qualità. …vengono attenzionate per le loro limitazioni fisiche o responsabilità della famiglia, ragioni per le quali, gradiscono un orario più agevole o ridotto, mansioni meno pesanti, ma in questo caso lamentano poca attenzione da parte dei datori di lavoro.

Il sistema sanitario inglese si rimprovera di non aver dedicato attenzioni specifiche alla cura degli infermieri anziani come risorsa preziosa. Nei progetti del Sistema sanitario nazionale idee adulatrici, verso il personale infermieristico.

In Francia, voluto dal Presidente Macron, l’età pensionabile per gli infermieri è di 62/60 anni, a seconda del tipo di attività sostenuta.

Tuttavia l’età minima per andare in pensione è 57 anni, purché sia documentabile un periodo di servizio minimo che và dai 12 ai 32 anni a seconda della natura della professione ed almeno tra i 166 e 172 trimestri di contributi. La malattia, la maternità, il servizio militare, il congedo parentale integrano il periodo per raggiungere il diritto alla pensione.

L’Italia considera lo sconto all’età pensionabile, solo a quel personale sanitario, che lavora con turni di notte, purché facciano almeno 64/71 notti all’anno, almeno 63 anni di età e 34 anni di contributi. Spesso gli infermieri fanno il turno in quinta, vale a dire mattina, pomeriggio, notte, smonto notte e riposo. Quindi se un anno è fatto da 365 giorni, le notti potrebbero essere 73, sottraendo 30 giorni di ferie (che non verrebbero conteggiate), verosimilmente le notti che svolge un infermiere turnista diventano 67, sempre che l’infermiere non accusi malattie durante il turno di notte. Personalmente non ho mai incontrato un collega che sia riuscito ad accedere a questa chance di sconto all’età pensionabile.

Nel caso del riconoscimento del pensionamento anticipato ai suddetti requisiti agevolati, i lavoratori perderanno il diritto agli adeguamenti alla speranza di vita previsti per gli anni 2019, 2021, 2023 e 2025.

Il Governo nostrano considera o non considera, che gli infermieri, a 50/60 anni, spesso hanno problematicità di salute, quindi escono fuori da realtà a turni e anche il diritto al riconoscimento delle attività usuranti, dal momento che impegnati in attività diurne. Non solo, oramai, sono numerosi i servizi sanitari “piuttosto impegnativi”, ma diurni, che non vengono considerati.

Un'altra considerazione che non mi risulta sia oggetto di studio: “i professionisti sanitari diabetici”.

Nel 2016 gli Italiani diabetici erano oltre 3 milioni e 200 mila, il 5,3% della popolazione. Tra i 45-64enni la percentuale di persone obese che soffrono di diabete, il 28,9% uomini, il 32,8% donne, tra i quali potrebbero e potrebbero esserci professionisti sanitari. Gli infermieri diabetici, hanno diritto all’esenzione dalle notti. …ma l’attività diurna è veramente più leggera professionalmente?

Nell’erogazione della pensione, si dovrebbe poter calcolare le aspettative di vita e qualità di vita, c’è differenza tra tipologie di lavoro? Il diabete, come ho scritto, è una malattia cronico degenerativa, che non è più causa di morte, sempre che si rispettino le regole, ci si alimenti ad orario, si faccia attività fisica e si segua scrupolosamente la terapia. …ma è possibile per tutti i lavoratori? Il mancato rispetto delle regole è spesso causa dell’usura dell’organismo, con reazioni abnormi, nel caso di problemi di salute, qualsiasi sia il problema da curare.

Ancora, gli infermieri, sono i più esposti al rischio biologico, con 100mila incidenti a rischio biologico solo in Italia, 1,2 milioni in Europa(4). Secondo l'OMS, nel mondo, ogni anno si verificano oltre 3.000.000 di incidenti causati da strumenti pungenti o taglienti contaminati con HIV o virus dell'epatite B e C. Questi causano il 37% delle epatiti B (pari a circa 66.000 casi), il 39% delle epatiti C (pari circa a 16mila casi) e il 4,4% delle infezioni da HIV (pari circa a 1.000 casi) contratte dagli operatori sanitari, cioè almeno 83.000 infezioni ogni anno direttamente riconducibili a un'esposizione professionale, di tipo percutaneo, a materiali biologici infetti.

Attualmente gli infermieri possono sviluppare una sensibilizzazione occulta agli antibiotici beta-lattamici, senza sintomi (5). È possibile che questi operatori sanitari possano essere a maggior rischio di reazioni di ipersensibilità qualora fossero esposti a beta-lattamici, sempre che i professionisti sanitari nel dovessero avere necessità a fini terapeutici.

A tutt’oggi le allergie al lattice, note, potrebbero riguardare l’1/2% della popolazione(6). Ebbene, secondo diversi studi, i professionisti sanitari possono essere soggetti ad allergie al lattice, con percentuali diverse dalla cittadinanza comune, vale a dire che dal 4,5% al 14,4% degli operatori sanitari (compresi chirurghi, infermieri e altro personale chirurgico) possono manifestare allergia al lattice. Questi ultimi, “quando valutatipossono presentare anticorpi specifici per il lattice (IgE). I Centri per il controllo delle malattie e l'Istituto nazionale della prevenzione per la sicurezza e la salute sul lavoro (NIOSH) stimano che tra l'8% e il 12% degli operatori sanitari sia a rischio di sensibilizzazione al lattice.

Nella scheda di morte oltre il 1° anno di vita che si compila nel caso di morte di un paziente, considera le comorbidità, ma non quale lavoro aveva impegnato il deceduto.

La pandemia da Covid 19, ha reso evidente che un operatore sanitario può morire in servizio, nonostante vari problemi, e le denunce d’infortunio non sempre andate a buon fine, l’INAIL ha registrato numerosi problemi legati al Covid. ma, è un caso isolato? E’ veramente una novità?

Le decisioni circa l’età pensionabile, dovrebbero essere tarate sul rischio della categoria, come ad esempio quello degli infermieri, che rischiano danni permanenti alla salute o che richiedano particolari idoneità fisiche e responsabilità per la vita umana.

Sono rimasta spesso perplessa per queste decisioni, non capisco le basi di questa scelta, il modulo di dimissione ospedaliera nazionale, in caso di morte del paziente, rileva ben poche cose, ragione per cui, non è possibile dedurre se un impiegato è un dipendente pubblico, è un impiegato, oppure è un lavoratore in sanità?

Si enfatizza un fattore centrale nell’offerta sanitaria che è rappresentato dal personale medico e infermieristico, infatti i medici rappresentano il 16,6% e gli infermieri il 41,1% del personale; i suddetti, insieme, rappresentano più della metà degli occupati nel settore sanitario.

Ancora oggi i rischi non sono diminuiti, il pericolo è sempre dietro l’angolo, in più si sono aggiunte le responsabilità, la stanchezza, la carenza di personale e le migliaia di denunce e richieste di risarcimento danno che gli operatori subiscono e che fortunatamente in quasi tutti i giudizi risultano innocenti.

Non è un caso che secondo studi internazionali come quello della School of Nursing dell’Università del Michigan l’infermiere ha un rischio di suicidio doppio rispetto alla popolazione generale, rischio 70% superiore rispetto al medico e pensano che la situazione potrà solo peggiorare, data la pandemia sopraggiunta.

Sempre secondo lo studio emerge anche che il personale infermieristico, rispetto alla popolazione generale ha il 90% di probabilità in più di avere problemi sul posto di lavoro e il 20-30% di probabilità in più di soffrire di depressione.

L’infermiere è una professione estenuante, usurante, difficile, carica di rischi, responsabilità e con una paga che non consente di arrivare a fine mese (in Italia).

Non dimentichiamoci poi la violenza fisica e verbale che i professionisti sanitari subiscono ogni giorno negli ambulatori, nei pronto soccorsi, nei reparti, sul territorio.

I dati analizzati negli Stati Uniti sul numero di infermieri suicidi ne è la conferma, la drammatica testimonianza.

Purtroppo i suicidi avvengono e sono in aumento in tutto il mondo, anche in Italia, anche se troppo spesso nel silenzio dei media.

I ricercatori spiegano che i risultati sono molto più significativi di quello che si aspettavano:

- 2,374 suicidi tra gli infermieri

- 857 tra i medici

- 156 mila nella popolazione generale

Negli ultimi anni, ancora prima del covid-19, i sistemi sanitari già erano al collasso, in particolare in Italia.

Tra gli infermieri, le donne sono le più colpite in quanto lo stress maggiore è dovuto al doppio carico di lavoro delle donne, in ospedale e poi a casa, con i figli, e questo può arrivare a compromettere seriamente la salute mentale.

ISTAT ITALIA, tra le categorie occupazionali più a rischio di suicidio c’è linfermiere, a seguire lavoratori sociali, medici, dentisti, ma anche matematici, scienziati e artisti, anche se nessuna professione è esente dal suicidio.
ISTAT 2015: 77,9% UOMINI 22,1% DONNE.
65 anni e più 35%
45-64 anni 37%
25-44 anni 23%
fino a 24 anni 5%

Sembra non interessare alla politica e nemmeno alla dirigenza sanitaria, che 1 infermiere su 6 pazienti (e non 10, 12, 36 PZ) riduce la morte e le infezioni ospedaliere, la spesa sanitaria, il burnout.

Resp Regionale Nursing Up Lazio - Laura Rita Santoro
LapaginadiNursingUp  - Vincenzo Parisi  
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