Antibiotico-resistenza, un infermiere ogni 5 pazienti
Il
26 aprile 2023 la Commissione Europea ha presentato al Consiglio la proposta di
raccomandazione sul potenziamento delle azioni dell'UE
per combattere la resistenza antimicrobica con un approccio "One
Health".
La proposta comprende una serie di azioni intese a:
- rafforzare i piani d'azione nazionali contro la resistenza antimicrobica;
- potenziare la sorveglianza e il monitoraggio della resistenza antimicrobica e del consumo di antimicrobici;
- intensificare la prevenzione e il controllo delle infezioni nonché la stewardship antimicrobica e l'uso prudente degli antimicrobici;
- raccomandare obiettivi per il consumo di antimicrobici e la resistenza antimicrobica nella salute umana; migliorare la sensibilizzazione, l'istruzione e la formazione;
- promuovere la ricerca e lo sviluppo e gli incentivi per l'innovazione e l'accesso agli antimicrobici e ad altre contromisure mediche alla resistenza antimicrobica;
- aumentare la cooperazione e rafforzare le azioni globali.
Nel luglio 2022 la Commissione, insieme agli Stati membri, ha definito la resistenza antimicrobica una delle tre principali minacce prioritarie per la salute.
Si stima che oltre 35 000 persone muoiano ogni anno nell'UE/SEE come conseguenza diretta di un'infezione dovuta a batteri resistenti agli antibiotici.
Onestamente pensiamo che il quadro siamo molto più, non in tutti i paesi i dati vengono forniti correttamente.
L'impatto sanitario della resistenza antimicrobica è paragonabile a quello dell'influenza, della tubercolosi e dell'HIV/AIDS combinati.
Nel complesso, i dati più recenti mostrano tendenze in significativo aumento nel numero di infezioni e di decessi ad esse attribuibili per quasi tutte le combinazioni batterio-antibioticoresistenza, in particolare nelle strutture sanitarie.
Secondo le stime, circa il 70% dei casi di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici era costituito da infezioni correlate all'assistenza sanitaria.
Inoltre, le conseguenze sulla salute della resistenza dei funghi ai fungicidi sono diventate più evidenti nel corso degli anni.
La resistenza antimicrobica ha gravi conseguenze sui sistemi sanitari, sia in termini economici sia in termini di salute umana. Poiché riduce la capacità di prevenire e curare le malattie infettive, la resistenza antimicrobica mette a repentaglio, tra l'altro, la capacità di effettuare interventi chirurgici, il trattamento dei pazienti immunocompromessi, il trapianto di organi e la terapia oncologica.
Questo comporta costi elevati per i sistemi sanitari dei paesi UE/SEE5. La resistenza antimicrobica rappresenta inoltre una minaccia per la sicurezza degli alimenti e la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare, in quanto ha un impatto sulla salute degli animali e sui sistemi di produzione.
La resistenza antimicrobica è una questione "One Health", ossia una questione che interessa la salute umana, la salute animale, la salute delle piante e l'ambiente, ed è una minaccia sanitaria multiforme e a carattere transfrontaliero che non può essere affrontata da un singolo settore in modo indipendente o da singoli paesi. La lotta alla resistenza antimicrobica richiede un elevato livello di collaborazione intersettoriale e tra paesi, anche su scala mondiale.
La comunicazione della Commissione del 29 giugno 2017 su un "Piano d'azione europeo 'One Health' contro la resistenza antimicrobica" (il "piano d'azione contro la resistenza antimicrobica del 2017") delinea oltre 70 azioni riguardanti la salute umana, la salute animale e l'ambiente, i cui progressi sono periodicamente monitorati.
Il programma EU4Health prevede significativi investimenti nella lotta alla resistenza antimicrobica, in particolare attraverso sovvenzioni dirette alle autorità degli Stati membri per l'attuazione delle misure in materia di resistenza antimicrobica, che tra l'altro sostengono gli Stati membri nell'attuazione dei piani d'azione nazionali "One Health" sulla resistenza antimicrobica, nella prevenzione e nel controllo delle infezioni sia acquisite in comunità sia correlate all'assistenza sanitaria e nelle strategie di stewardship antimicrobica.
Gli Stati membri dovrebbero pertanto garantire di disporre di un piano d'azione nazionale basato sull'approccio "One Health", sostenuto da strutture, monitoraggio e risorse adeguati.
Una sorveglianza e un monitoraggio rigorosi, anche seguendo le tendenze, della resistenza antimicrobica e del consumo di antimicrobici a tutti i livelli non solo nell'ambito della salute umana, ma anche nei settori veterinario, fitosanitario e ambientale, sono fondamentali per valutare la diffusione della resistenza antimicrobica, sostenere l'uso prudente degli antimicrobici e orientare la prevenzione e il controllo delle infezioni.
La disponibilità di antibiotici a spettro ristretto è essenziale per prevenire lo sviluppo e la diffusione della resistenza antimicrobica.
L’obbiettivo dell’Unione Europa entro il 2030:
- ridurre del 20% il consumo di antibiotici negli essere umani
- ridurre del 505 il consumo di antibiotici negli animali/allevamenti
- usare l’antibiotico giusto (cosa santa e mi fermo qui…)
- ridurre le infezioni di 3 batter ritenuti chiave per sconfiggere l’antibiotico resistenza
In Italia siamo maglia nera anche in questo, le infezioni operate da Escherichia coli e Klebsiella stanno aumentando, diffondendosi negli ospedali e negli istituti di ricovero e con una resistenza a quasi tutti gli antibiotici disponibili. Per quanto riguarda Klebsiella, la percentuale di resistenza in Italia è del 34%, una delle percentuali più alte in Europa insieme a Grecia e Romania.
Ecco la nostra proposta che farebbe risparmiare tempo, denaro, morti e infezioni.
Portare il numero di infermieri/pazienti a 1 a 5 sul tutto il territorio nazionale italiano, escludendo l’area critica dove il rapporto si riduce ancora a 1/4, 1/2, o 1/1
Studio Lancet 2014: Ogni volta che aumenti 1 paziente a un infermiere, aumenta del 7% la mortalità del paziente, aumenta del 7% che l’infermiere non si renda conto delle complicanze a cui il paziente sta andando incontro.
Secondo un altro studio realizzato in Gran Bretagna, non fa che confermare altri studi, quando la gestione infermieristica passa da 10 a 6 pazienti la mortalità si riduce al 20%.
Secondo uno studio in California, effettuato su medicine e chirurgie, il rapporto ottimale infermiere/paziente sarebbe 1 a 6, anche se lo stato della California impone per legge che il rapporto sia di 1 a 5, ciò ha fatto risparmiare soldi, infezioni e morti.
In alcuni Paesi, come l'Australia è stato già stabilito che il numero 'ideale' per combattere le infezioni e le morti ospedaliere è un infermiere ogni 4 assistiti, che civiltà avanzata.
Nursing Up Emilia Romagna invierà le sue osservazioni e le sue proposte alla regione.
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