RAMMARICO

RAMMARICO

Rammarico
di Dario Porcaro, rsu Nursing Up Ausl Romagna

Oggi abbiamo partecipato all’assemblea degli iscritti OPI Rimini, appuntamento annuale consolidato per quanto concerne la presentazione e conseguente votazione del bilancio preventivo 2019 di un ente pubblico non economico. È stato invitato un noto giurista a livello nazionale per illustrarci alcuni aspetti del nuovo contratto collettivo che ci riguarda direttamente, sia per quanto concerne il coordinamento, sia per quanto riguardante ciò che comunemente viene definita come “base”. Se sbaglio qualcuno mi corregga, fra la platea di iscritti (non appartenenti al direttivo OPI) non c’era un solo coordinatore, quindi a fronte di un numero significativo di infermieri/e abilitati/e a funzioni di coordinamento, questo pomeriggio non si è presentato nessuno, né per ascoltare, né per confutare quanto espresso nel nuovo CCNL. È lecito domandarsi il perché, se pur il contenuto del contratto mina alla radice l’indipendenza del ruolo gestionale che questi infermieri/e hanno, nessuno, ci tengo a sottolineare, NESSUNO, si è presentato a sostenere un’idea contraria oppure a muovere opinioni favorevoli. Perché? Probabilmente, verrebbe da pensare, perché va tutto estremamente bene così, mantengo il mio ruolo di coordinamento, perdonate la digressione volutamente polemica, ho baciato in passato e continuo a farlo oggi le chiappe che mi consentono di avere un giudizio positivo annuale e così mi posso permettere di continuare a fare il/la coordinatore/trice della mia unità operativa. La seconda parte dell’intervento riguardava la così detta “base” quella cioè di cui faccio parte anch’io. Anche qui sporadiche presenze come se il contratto non ci riguardasse direttamente, lasciamo che altri se ne occupino, ci raccontino i contenuti più o meno ameni tralasciando le parti più cruscanti. Questa è la condizione attuale della nostra professione. A coloro che fanno parte del direttivo OPI Rimini, nessuno ha chiesto di impegnarsi in tal senso, lo facciamo nell’esercizio della nostra più assoluta libertà, impegno e dedizione ad uno spirito di servizio che però non trova assolutamente un riscontro fra i colleghi che motivi la sua giustificazione. Non perché si cerchi un riscontro oggettivo ed un plauso, ma una motivazione che possa trovare un appoggio e nuova energia nel suo esercitarsi. Tutto questo non c’è. Abbiamo raccolto qualche vena polemica di chi sente il bisogno di tornare sulla cresta dell’ “onta”, abbiamo subito attacchi informatici al nostro sito e in tal senso seguiamo quelle che sono state le raccomandazioni della polizia postale e sconsideratamente continuiamo nel desiderio di proseguire e portare a termine il nostro mandato. Delusione sì, ce n’è da parte mia, perché per quanti sforzi siano stati fatti sino ad ora da parte di tutti i colleghi del direttivo e dei revisori dei conti, la semina non ha portato il raccolto sperato. Mi torna in mente il passaggio evangelico di Luca 7,31-35: “A chi dunque paragonerò gli uomini (gli infermieri) di questa generazione, a chi sono simili? Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri:
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato:
vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”
Qualunque cosa si faccia, si metta in atto, si concretizzi, non è in grado di generare nulla, siamo diventati apatici nei confronti di noi stessi e purché nulla cambi (lamentandoci assiduamente e continuamente) lasciamo che quell’acqua stagnante e ormai putrida, non trovi alcuno sbocco per defluire e allontanarsi da noi in maniera definitiva.
L’adagio popolare dice che chi è causa del proprio male pianga se stesso. Ma neppure quello stiamo facendo, non siamo capaci neppure di piangere su noi stessi, in quanto incapaci di vederci così come realmente siamo.

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